Concorso per la Polizia Municipale: discriminatoria la previsione di un limite massimo di età

Censurato il Comune di Milano. La verifica della speciale condizione fisica richiesta per lo svolgimento della professione può essere effettuata attraverso prove fisiche eliminatorie, che rappresentano una modalità meno restrittiva rispetto alla fissazione di un’età massima

Concorso per la Polizia Municipale: discriminatoria la previsione di un limite massimo di età

Discriminatoria, anche alla luce dei paletti fissati in ambito europeo, la previsione, in un bando di concorso per l’accesso al Corpo di Polizia Municipale, di un limite massimo di età (nello specifico, 30 anni), nonché di un limite più elevato (nello specifico, 35 anni), per alcune categorie di soggetti (coniugati, con figli, o che abbiano prestato servizio militare), qualora tale differenza di trattamento non sia giustificata da comprovati elementi scientifici ed organizzativi che dimostrino la sua funzionalità all’obiettivo di garantire il carattere operativo ed il buon funzionamento del Corpo. Questa la posizione assunta dai giudici (ordinanza numero 27294 del 22 ottobre 2024 della Cassazione), i quali, censurando l’operato del Comune di Milano, hanno aggiunto che, in generale, la verifica della speciale condizione fisica richiesta per lo svolgimento della professione può essere effettuata attraverso prove fisiche eliminatorie, che rappresentano una modalità meno restrittiva rispetto alla fissazione di un’età massima. Per i giudici è evidente il carattere discriminatorio della condotta posta in essere dal Comune di Milano e consistita nell’adozione di un bando di selezione pubblica (per la copertura di ventidue posti a tempo indeterminato del profilo professionale di agente di polizia municipale) nella parte in cui aveva previsto la partecipazione alla selezione a coloro che non avevano compiuto i 30 anni di età alla data di scadenza del bando ed aveva elevato il limite massimo di età nella misura di un anno per gli aspiranti coniugati, di un anno per ogni figlio vivente, e di un periodo pari all’effettivo servizio prestato, comunque non superiore a tre anni, in favore degli aspiranti che avevano prestato servizio militare volontario, di leva e di leva prolungata, escludendo che potesse superare i 35 anni in caso di cumulo di benefici. Legittime le rimostranze di una donna, che all’epoca della scadenza del bando aveva 34 anni e non era coniugata. Soprattutto perché la differenza di trattamento basata sull’età deve essere giustificata sulla base di comprovati elementi scientifici ed organizzativi, mentre è da escludere, secondo i giudici, nello specifico caso, che dalle generiche prospettazioni del Comune sulla revisione di turni serali e notturni (esclusi dalla contrattazione decentrata integrativa solo al raggiungimento di determinati coefficienti, ottenuti sommando l’età anagrafica a quella del servizio) possa desumersi che il limite dei 30 anni (o dei 35 anni, in presenza di determinati requisiti) fosse funzionale all’obiettivo di garantire il carattere operativo ed il buon funzionamento del Corpo degli agenti di Polizia Locale. Peraltro, le rigorose ed eliminatorie prove fisiche previste una volta superata la selezione, avrebbero consentito di verificare la speciale condizione fisica richiesta per lo svolgimento della professione di agenti di Polizia Municipale, con una modalità meno restrittiva rispetto alla fissazione di un’età massima, osservano i giudici. Assolutamente sproporzionato e discriminatorio il requisito del limite di età imposto dal bando del Comune di Milano.

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